I giochi tradizionali erano "rotti"?

Spesso nelle discussioni sull’evoluzione del game design nei giochi di ruolo ci si incarta in accese discussioni: chi difende i vecchi design ne decanta la “libertà” lasciata ai giocatori ed ai master, chi li critica spesso dice che erano “rotti”, “incompleti”, “non funzionanti”… la mia impressione è che ci sia un aspetto che entrambi non notano.

I vecchi giochi richiedevano che almeno il master svolgesse il lavoro di game designer, di fatto, assieme a quello di conduttore del gioco, di opposizione, ecc.

Intere “aree” delle azioni ed interazioni possibili erano lasciate inesplorate, ad esempio (le vecchie edizioni di DnD e l’aspetto sociale), oppure non gestivano tutti i casi e gli esiti possibili di certe azioni (era dato per scontato che si sarebbe trovato un modo per gestirli se fossero saltati fuori), eccetera.

Il gruppo, o più spesso il master da solo, magari assieme ad uno dei giocatori con più passione per l’ambientazione, o più inclinazione per scrivere e modificare le regole, applicavano house rules, modificavano regole ritenute imprecise, inserivano modificatori per migliorare la plausibilità, aggiungevano regole per le parti non gestite, o magari cambiavano radicalmente il sistema di regole sostituendolo con uno diverso. In una parola, per usare un termine “tecnico” facevano Drift del regolamento.

Questo, tutto questo, è game design.

Il vero problema, in questo discorso, e quello su cui si concentrano le critiche di chi propone giochi nuovi e diversamente concepiti, è quel richiedevano.

È una diversa formulazione del “non erano giochi funzionanti”: ti davano il Lego costruito a metà e un mucchietto di pezzi lasciati staccati, ma non c’erano le ultime due pagine delle istruzioni e spesso non c’erano nemmeno tutti i pezzi.

Certo, un costruttore di lego creativo ed abile, con una sua scatola di pezzi utili tenuti lì per l’evenienza, ci può tirare fuori un bel modello completo… ma se invece i giocatori avevano comprato il gioco perchè aveva visto “la foto sulla scatola” e volevano solo poter costruire quel modello lì e giocarci?

Ed i giocatori, come dovrebbero reagire se per caso si aspettano una Ruspa Technics e si trovano con un modello completato che è più un aereo Lego City?

Fuor di metafora: un gioco che lasci al master la responsabilità di fare da game designer… va bene se hai voglia di fare il game designer e di prenderti i rischi connessi (chi ti garantisce che poi funzioni tutto? che sia divertente? che sia davvero quello che i giocatori volevano giocare?).

Nel frattempo sono nati giochi pensati secondo l’impostazione se vogliamo più comune nei boardgame: si dà per scontato che il gioco verrà giocato così come è spiegato nel libretto di istruzioni, ed il designer si impegna il più possibile perchè giocandolo come l’ha scritto funzioni e sia divertente. I giocatori possono presupporre questo impegno, darlo per scontato, e presumere che giocando il gioco e basta, senza che nessuno al tavolo debba mettersi a fare il game designer, ci si possa divertire. Che funzioni.

Per giocatori che non siano interessati nel dover fare obbligatoriamente anche i designer quello è lo standard, lo stato dell’arte: automaticamente un gioco ’tradizionale’ diventa “incompleto” o “rotto” o “obsoleto” o qualcosa di simile a seconda dei gusti e del carattere delle singole persone.

E sia detto in chiosa… al contrario se il gusto e la volontà di smanettare con le regole c’è ovviamente nessuno impedisce di modificare qualunque gioco, anche un gioco moderno.

Ma chi lo fa deve sapere che sta facendo una modifica imprevista dal progettista, come aprire una console per cambiare una scheda interna: sta violando la garanzia. Se la versione modificata funziona meglio e fa più cose… EVVIVA!

Ma se la versione modificata si rompe beh… è autorizzato a tenersi tutti i pezzi.